Blog di Antonio Vigilante

8 agosto, giovedì

A conti fatti, non è il dolore. Il dolore è un momento - e il più delle volte non è nemmeno dolore, e poi il corpo ha le sue stranezze, basta poco per immaginare che questo braccio non sia il mio braccio, per sentire che questo braccio non è il mio braccio. Altra cosa è l'umiliazione, la resa: abdicare alla dignità. Sentire che qualcosa è cambiato, che non sei più quello di prima: che è cominciato per te un processo di cosificazione. E che se li lasci fare, presto sarai radicalmente altro. Sei in balìa d'altri, la tua forza di volontà è quasi una bestemmia per l'ordine medico-salvifico. Che tu possa dire no, è cosa non prevista. Tu hai da essere un corpo che non si ribella. Materia docile. Paziente: null'altro che paziente.

Altra cosa è l'umiliazione, la resa. Non è la periferia, ma il centro di te. Non puoi rinunciare alla tua dignità senza rinunciare a te stesso. E forse qui c'è la prova decisiva: rinunciare alla stessa dignità per rinunciare a sé; affidarsi davvero all'ordine medico-salvifico quale passaggio oscuro verso l'illuminazione. Abbandonarsi all'anestesia sperando di non risvegliarsi più in questo corpo, con questo nome. In un corpo, con un nome.