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Blog di Antonio Vigilante

Beppe Grillo e il test del cinese

Elio Vittorini
In un post di due mesi fa ponevo il problema della presenza di più di qualche razzista tra i cittadini del Movimento 5 Stelle. Essendo un movimento non ideologico, notavo, il M5S ha imbarcato gente tanto di destra quanto di sinistra. Di qui la necessità di una scelta: o prendere posizione sul tema dei diritti civili, e perdere l'appoggio dei razzisti, o evitare qualsiasi presa di posizione su ciò che potrebbe dividere le due anime del movimento, quella di destra e quella di sinistra. Non avevo previsto una terza possibilità: la virata a destra. Un post di ieri l'altro sul blog di Beppe Grillo toglie ogni dubbio: è questa la via presa dal M5S. 
Kabobo d'Italia, titola Grillo: e fa l'elenco degli immigrati che in Italia hanno compiuto reati gravi. Un gioco facile, nel migliore stile leghista. Un gioco idiota, nel migliore stile leghista. Perché dimentica, Grillo, Gianluca Casseri, il fascista vicino a Casapound che nel dicembre del 2011 a Firenze ha ucciso in strada due senegalesi. Dimentica, Grillo, gli spari contro i lavoratori africani a Rosarno, nel gennaio del 2010. Dimentica i sei immigrati africani - tutti estranei a qualsiasi traffico illecito - massacrati dalla camorra a Castelvolturno nel settembre del 2008. Dimentica i migliaia di lavoratori sfruttati e ridotti in schiavitù nelle nostre campagne. E dimentica le migliaia di ragazze africane e dell'est ridotte in schiavitù sulle nostre strade e violentate dal maschio italiano - lo stesso che è responsabile della grande maggioranza delle violenze (uccisioni e stupri) sulle stesse donne italiane.

Educare è come togliere la polvere

Questo articolo inaugura la mia rubrica Educazione e libertà, nel sito Il bambino naturale.

Foto di Ruth Fremson/The New York Times
La conta dei frutti delle azioni nel mondo evanes­cente è una di quelle opere che si situano felicemente all’incrocio tra culture e civiltà diverse: nel caso specifico quella musulmana e quella buddhista del Tibet.
Sull’autore, Khache Phalu (Phalu il kashmiro), nulle sono le notizie certe e molte le congetture: c’è chi vuole che si tratti del quinto o del sesto Dalai Lama, chi di un ricco mercante musulmano amico del Panchen Lama, chi del Panchen Lama stesso. Quello che è certo è che l’autore di quel trattatello che ancora oggi i tibetani venerano come un indispensabile manuale di saggezza popolare conosceva bene la letteratura del sufismo islamico, ed in particolare la mistica di Sa’di.
Nel libretto c’è una sezione dedicata all’educazione che, come il resto del libro, è piena di un buon senso tutt’altro che superficiale. Tra le altre, mi ha colpito questa sentenza: “Finché non vengano rip­ulite dalla terra da cui sono emerse, non puoi sapere se una pietra è preziosa né se una las­tra di met­allo levi­gato è uno spec­chio” (trad. G. Magi).
La pietra è, naturalmente, il bambino. Phalu il kashmiro ci dice che non dovremmo mai dare giudizi affrettati sui bambini o sugli adolescenti, poiché non possiamo sapere cosa c’è davvero sotto la polvere. Quello che verrà fuori non lo sa nessuno. Il bambino che oggi appare indolente, capriccioso, incapace di mantenere un impegno, irresponsabile, potrà diventare un adulto rigoroso, serio, profondo. Ma potrà diventarlo solo se gli adulti lo aiuteranno, e per poterlo aiutare gli adulti – i suoi educatori – dovranno avere la capacità di vedere in lui l’oltre, il più, il diverso.

Se i bambini diventano nemici

Calcio per strada
(www.maidirecalcio.com)
Chi si trovi a passare oggi davanti allo stadio "Pino Zaccheria" di Foggia non può immaginare quello che era quel posto negli anni ottanta. Il vasto piazzale antistante lo stadio - ora chiuso da cancelli - era interamente colonizzato ed attentamente lottizzato da bambini ed adolescenti. In decine di campi di calcio tirati fuori dall'asfalto a forza di immaginazione, con le porte delimitate da semplici pietre, centinaia di ragazzini si esercitavano nella nobile arte del calcio. Ma la festa non si limitava a quell'area, che pure ne era il centro. Ogni marciapiede, ogni slargo, ogni pezzo d'asfalto libero era buono per giocare a pallone. Se lo spazio era poco, si poteva giocare a pallamuro, una variante rumorosissima della pelota. Se era un luogo tranquillo, senza molte automobili, si poteva azzardare una partita a mazza e bustico, variante popolare dell'antico gioco della lippa: con una mazza di legno si colpiva un fuso, che partiva a grande velocità - finendo spesso per centrare qualche passante.
Non era una vita facile, sia chiaro. Allo stadio il tuo pezzo di campo dovevi conquistartelo. Non era infrequente che dai quartieri popolari scendessero tribù ostili, che ti intimavano di lasciar loro il campo al più presto, minacciando in caso contrario le violenze più efferate (e spesso, per risparmiare il fiato, cominciavano senz'altro con queste ultime). C'erano poi quelli che ti bucavano il pallone, o che si rifiutavano di restituirtelo se finiva nelle loro mani. Per un certo periodo abbiamo giocato a pallone su un pezzo di marciapiede che era davanti alla Sala del Regno dei Testimoni di Geova. A volte il pallone finiva nella sala durante una delle loro riunioni, ed occorreva farsi coraggio per andare a recuperarlo in quel consesso religioso - che in genere lo restituiva senza farsi troppo distrarre dalla cosa. Peggio andava quando il pallone finiva sul terrazzino che sovrastava la sala. In quel caso bisognava arrampicarsi, ed il coraggio necessario era il doppio, perché il padrone del terrazzino era uno 007.