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Blog di Antonio Vigilante

8.12.2011

Sono immerso costantemente nello sguardo dell’altro, lo respiro come l’aria: ne ho bisogno. E questo bisogno è miseria, povertà, mancanza. Lo avverto quando, chiuse tre porte, mi ritrovo nudo con me stesso. E nemmeno allora sono al sicuro dallo sguardo dall’altro. Anche allora vorrei offrire la mia stessa nudità, a volte: e cercare una solenne approvazione. Ma altre volte il mio corpo diventa trasparente, il desiderio del desiderio dell’altro svanisce, e con esso svanisce parte di me: quella polvere d’umanità che mi dà un nome e un volto e una parte. E’ allora che il bisogno, il desiderio di desiderio, lasciano il posto al desiderio semplice, puro.

La Siena spenta e un po' cafona del sindaco De Mossi

Cacio e Pere è uno dei pochissimi locali in cui a Siena si faccia musica dal vivo di qualità. O meglio: in cui si faceva. Al termine di una vicenda che ha dell'incredibile, il locale ha dovuto chiudere a causa di un vero e proprio bullismo istituzionale da parte del Comune di Siena.
Prima di analizzare la vicenda occorre qualche nota di contesto. Siena è una città con un basso tasso di natalità e un crescente invecchiamento dei residenti. Di contro, è una città universitaria, con molti studenti fuori sede. Il terzo aspetto da considerare, fondamentale quando si parla di Siena, sono le contrade, che per chi di Siena non è possono essere un mondo difficile da comprendere; luoghi di una socialità intensa, che va ben oltre i giorni del palio. Ed ecco dunque il quadro: i ragazzi di Siena si divertono nelle contrade, che spesso e volentieri fanno musica da discoteca ad altissimo volume fino a notte fonda; gli universitari provano a divertirsi nei locali fuori dalle contrade, soprattutto in via Pantaneto, la via della movida della città; i residenti sopportano, volentieri (se sono contradaioli) o per forza di cose le intemperanze delle contrade, ma sono sul piede di guerra ogni volta che un locale non contradaiolo crea il minimo disagio.

La cannabis light e i deliri della politica

Qualche mese fa ho provato la cannabis light. L'ho comprata  in una parafarmacia del centro di Siena, che la vendeva in diverse versioni aromatiche. Poi ho dovuto procurarmi le cartine: con qualche imbarazzo, quando il tabaccaio mi ha chiesto di quale tipo. Ho preso quelle più comuni, immaginando che andassero bene per rollare una canna, sia pure light. Ecco, rollare una canna: non avendo a portata di canna qualche studente, ho dovuto far ricorso a un video su Youtube. Esaustivo, comunque. Dopo due o tre tentativi mi sono trovato tra le mani una canna (sia pure light) rispettabilissima. Per essere sicuro di farne esperienza in modo autentico, non ho lesinato sulla quantità.
Seduto sul divano, mi sono dunque acceso la mia canna, sia pure light. Una parte di me sperava che benché fosse light, qualche interessante esperienza psichedelica l'avrei fatta. Ho fatto un tiro, poi un altro, e un altro ancora. Niente. L'ho finita. Niente. Mi son detto: dalle tempo, queste cose arrivano con calma. Ma niente niente. Ogni cosa restava testardamente sé stessa, me compreso. Dopo mezz'ora m'è venuto sonno, ma non saprei dire se per la canna (sia pure light) o per la stanchezza. Nella migliore delle ipotesi, in base alla mia esperienza posso riconoscere alla cannabis light una efficacia paragonabile a quella della tisana al tiglio.

Noi docenti non ci lasciamo intimidire

A Palermo una docente viene sospesa dall'insegnamento perché in un video i suoi studenti hanno accostato il decreto sicurezza alle leggi razziali.
Ragioniamo un attimo. L'accostamento tra il decreto sicurezza e le leggi razziali è stato fatto in modo plateale dal settimanale l'Espresso, che ha aperto il numero del 30 settembre 2018 con in copertina La difesa della razza e il titolo: "1938-2018. Un decreto che discrimina. Ottant'anni dopo le leggi razziali". Dal suo profilo Twitter - che è l'ufficio virtuale dal quale svolge per lo più il suo lavoro di ministro (in quello reale s'è fatto vedere pochissimo) - Matteo Salvini ha commentato: "Questi non sono normali!!!". Non gli è stato possibile andare oltre i tre punti esclamativi: perché l'Italia è un paese democratico, e la libertà della stampa è uno dei fondamenti di una democrazia. Non è una libertà assoluta, ovviamente: esiste un Ordine dei giornalisti che interviene in caso di palesi violazioni. Ma non è stato, non poteva essere questo il caso, perché l'accostamento tra i due dati storici può essere discutibile, ma non è né arbitrario né viola alcuna legge.
Ora, per una democrazia la libertà dell'insegnamento (e dell'apprendimento) è un principio non meno importante della libertà della stampa. Se non sono censurabili i giornalisti per aver paragonato il decreto sicurezza alle leggi razziali, non lo sono nemmeno gli studenti e la loro docente. La libertà di riflessione e di analisi degli studenti, la libertà di insegnamento dei docenti, la libertà di informazione, di critica, di denuncia sociale dei giornalisti sono tre aspetti di una stessa libertà: la libertà democratica. Quella libertà che è stata conquistata con il sangue dei partigiani.