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Blog di Antonio Vigilante

Congedo

Ho letto l’articolo di Biagio Riccio sul Giorgia Meloni sperando fino all’ultima riga che fosse ironico. No, non lo è. Riccio sostiene davvero che Meloni è una persona perbene, gentile e rispettosa con gli avversari eccetera. E che gli insulti che le sono stati rivolti da un tale in cerca di notorietà – che è poi uno dei migliori storici italiani, ma in un paese analfabeta come il nostro questo in effetti non dà alcuna notorietà – sono inaccettabili perché le donne rappresentano “la dolcezza e la letizia dell’universo”.
Non voglio entrare nel merito del giudizio su Giorgia Meloni. Chi sia, lo sanno tutti. Quale sia il suo contributo alla civiltà di questo Paese anche. Il punto è un altro. Sono sicuro che Riccio non se ne rende conto ma affermare, per difendere una donna, che le donne sono “la bellezza del creato” e sciocchezze simili significa collocarsi nella stessa logica discriminatoria e patriarcale da cui proviene l’insulto a Meloni. Leggere che le donne “si sfiorano solo per accarezzarle” – con la doverosa precisazione: “con tatto gentil e prezioso” – mi dà un fastidio fisico. Agli occhi di Riccio le donne sono una schiera di esseri quasi angelici messi lì da Dio per essere ammirati nella loro bellezza e accarezzati quando se ne presenta l’occasione. E posso immaginare il suo sconcerto quando qualche donna, magari meno garbata e perbene di Giorgia Meloni, si sottrae al suo penoso teatrino.

La solitudine della scuola

Sono grato a Paolo Fasce per la sua replica al mio articolo sul tempo della scuola. Gli sono grato anche – soprattutto – perché mi offre l’opportunità di tornare sul punto fondamentale di quell’articolo, che nella ricezione sembra essere invece rimasto sullo sfondo. Non replicherò a quello che scrive punto per punto, per pietà verso il lettore (già così questo articolo sarà, temo, troppo lungo). Continuerò un attimo la mia “difesa d’ufficio” dei docenti, per andare poi al punto.
Scrive Fasce che la DaD è “troppo spesso l’apoteosi” della scuola che chiama Spiego, Studi, Interrogo, Dimentichi (SSID). Come ho scritto, non sono un sostenitore entusiasta della DaD, e qui stesso sono intervenuto per denunciare la follia di certe derive. Ma non credo che essa abbia fatto diventare alcuni, per magia, dei pessimi insegnanti. Chi faceva la scuola SSID in classe ha continuato a farla, pessimamente, in DaD. Per gli altri, la DaD è stata occasione per sperimentare e riflettere ancora una volta su cosa vuol dire fare questo mestiere. Per me scuola è comunità, ed è la comunità che ho cercato di portare in DaD. Con l’aiuto di uno strumento come Moodle, pensato per la didattica, che però non mi è stato più possibile usare dopo che il Miur ha vergognosamente sostenuto le piattaforme proprietarie di Google e Microsoft. Mi piacerebbe poter dire che ci siamo inventati una nuova didattica con l’aiuto del Ministero; nel mio caso almeno, è più aderente alla realtà l’affermazione che lo abbiamo fatto nonostante il Ministero.

Il tempo della scuola

Aprire le scuole a giugno, perché si è perso troppo tempo. Con questo proposito, che riprende una proposta diffusa da tempo dal gruppo Condorcet, Mario Draghi si presenta al mondo della scuola. Vorrei spiegare per quali ragioni questa proposta, che sembra nascere da una reale preoccupazione per il bene dei nostri studenti, rivela invece inconsapevolezza pedagogica e disprezzo per i docenti.
Per la scuola italiana questo è il periodo in cui si attua un primo bilancio dell’anno scolastico. Gli scrutini del primo quadrimestre sono stati appena conclusi, è possibile verificare se ci sono stati e quanto sono stati importanti i danni della didattica a distanza. Ora, un ragionamento serio sulla scuola partirebbe da qui. E’ stato fatto un lavoro e i risultati di questo lavoro sono stati valutati. Cosa è emerso dalle valutazioni? Quanti studenti sono rimasti indietro? Quante sono, nelle diverse scuole, le insufficienze? Dire che si è perso tempo, senza considerare questo dato, significa parlare del nulla. Se si è perso tempo o meno possono dirlo solo i docenti, gli unici che hanno il diritto di valutare i risultati del loro lavoro. Nel mio caso, ad esempio, in quattro delle cinque classi che mi sono state affidate sono rimaste alla fine del quadrimestre rarissime insufficienze. In una, invece, le insufficienze sono molte, ma ci sono anche almeno tre studenti che con la didattica a distanza sono migliorati sensibilmente. Il bilancio è nel complesso tutt’altro che allarmante.

Solidarietà al maestro Giampiero Monaca

In visita a Shantiniketan, la meravigliosa scuola immersa nella natura creata dal poeta premio Nobel Rabindranath Tagore, un insegnante rimase sorpreso da una scena per lui insolita e tale da suscitare indignazione: uno dei bambini della scuola era salito su un albero e si era messo a leggere un libro. “Dovetti spiegargli – scrive Tagore – che la fanciullezza è l’unico periodo della vita in cui l’uomo civilizzato può esercitare la sua libertà di scelta tra i rami di una pianta e la sua sedia nella stanza da disegno; dovrei privare il ragazzo di questo privilegio perché il, come adulto, ne sono escluso?”[1]
Nella scuola italiana di oggi la risposta alla domanda di Tagore è senz’altro sì. Dobbiamo negare ai bambini il privilegio di salire sull’albero perché noi adulti ne siamo esclusi. Possiamo regalargli giocattoli costosi e tecnologici fin dalla più tenera età, anche se non ne ha bisogno; possiamo comprargli tutto il cibo spazzatura che desidera; possiamo consentirgli di passare la giornata alternando lo schermo del televisore con quello di uno smartphone; possiamo riconoscergli la libertà di accedere ai social network in età sempre più precoce. Ma non possiamo concedergli alcuna libertà di movimento reale. Non nella città: potrà uscire solo se accompagnato, sorvegliato, gestito da qualcuno. Nessuna esplorazione autonoma della città gli è consentita. Meno ancora fuori nella natura. Tutto è dannatamente pericoloso. Ovunque il mondo è pieno di insidie, e noi vogliamo tenere i bambini al sicuro.