"Mattinata era una farfalla". Una storia di vita
Il centro storico di Mattinata (http://www.garganowebtravel.com) |
Poiché queste storie di vita sono anche un modo per ascoltare la voce degli anziani, che nel nostro mondo si avverte sempre più debolmente, ho spesso proposto ai miei studenti del liceo “Roncalli” di Manfredonia di intervistare i loro nonni, nell’ambito del corso di Metodologia della ricerca. Il risultato è spesso una narrazione di grande interesse, anche piacevole da leggere, uno spiraglio su un passato che è dietro l’angolo, ma che sembra dimenticato. Dopo il boom economico il nostro paese ha rimosso letteralmente il suo vissuto di povertà, di sofferenza, di emigrazione; gli anziani sono diventati dei testimoni scomodi di un mondo con cui non vogliamo più avere a che fare.
Qui di seguito propongo una di queste narrazioni. Si tratta della storia di vita di Lorenzo di Mauro, nato a Mattinata nel 1934. Ad intervistarlo la nipote Giusy Bisceglia.
Puoi parlare dei primi ricordi, l’infanzia, la famiglia, i giochi, la scuola…?
Non esistevano… Non gioco e no niente… Che gioco dovevamo avere prima? Che ci stava? Non ci stava niente. Non ci stava manco la sedia.
La scuola non l’hai frequentata?
Un anno e mezzo di scuola ho fatto. Il motivo perché è morto mio padre. Mio padre è morto a trentun anni, io non ho potuto andare a scuola per motivi di soldi, che non ci stava la lira, non ci stava niente, mia madre era sola, perciò non ho potuto andare a scuola, sono stato sotto a un padrone a lavorare, perciò ho dovuto rifiutare la scuola per andare a lavorare, perché non c’era niente da mangiare, non avevo dei genitori, mia madre era sola, e mia madre per darci a mangiare a noi andare a lavare della roba per guadagnare qualcosa.
Il diavolo e le fratture dell'occidente
Il diavolo come caprone (F. M. Guaccio, Compendium maleficarum, 1626) |
“Solo il cristianesimo ha dipinto il diavolo sulla parete del mondo; solo il cristianesimo ha portato il peccato nel mondo”, scriveva Nietzsche in Umano, troppo umano (1). E' vero. L'oriente conosce una gran quantità di demoni, ma inutilmente si cercherebbe una figura paragonabile a quella del diavolo. Il negativo non rappresenta l'anti-divinità, ma è incorporato nel divino: è così che ad esempio Shiva può essere al tempo stesso il distruttore di mondi e il dispensatore di felicità, l'asceta per eccellenza e il dio che si venera attraverso il fallo (linga).
Perché l'occidente ha bisogno del diavolo? Perché è diabolico esso stesso. Diavolo deriva dal greco dia-ballein, separare, dividere (che è il contrario di synballein, unire, da cui simbolo). Il diavolo è dunque colui che divide, che crea separazioni, fratture, inimicizie, in primo luogo frapponendosi tra l'uomo e Dio, poi mettendo l'uno contro l'altro gli stessi esseri umani. Ma possiamo dare un'altra interpretazione: il diavolo come colui che è stato separato, diviso, emarginato. La considerazione della figura del diavolo nella cultura occidentale offre più di qualche appiglio per questa interpretazione. Nell'iconografia, il diavolo è in primo luogo rappresentato con dei tratti animaleschi, quali le corna ed il piede caprino. Il diavolo ha dunque un rapporto con l'animale. Ora, l'animale è per eccellenza ciò che l'occidente ha separato dall'umano. Nella visione del mondo giudaico-cristiana l'uomo è separato dal resto del creato, che è chiamato a dominare, poiché è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. Vero è che in Qohelet si legge che “la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli; c'è un solo soffio vitale per tutti” (3, 19), ma si tratta di una posizione assolutamente isolata nel contesto delle Scritture, che al contrario esaltano la dignità dell'uomo ed il suo destino di salvezza. Gli esseri umani hanno un'anima e sono chiamati alla vita ultraterrena, gli animali no.
Contro la filosofia del mattatoio
F. Pullia, Al punto di arrivo comune, Mimesis, Udine 2012 |
Nella seconda metà degli
anni Trenta un giovane di Perugia si interrogò sulle possibilità di
una opposizione radicale al Regime fascista. Il fascismo – così
ragionava – è un sistema politico che si regge su una visione del
mondo. In cosa consiste questa visione? In quello che potremmo
definire esclusivismo vitalista, vale a dire nella esaltazione
di alcuni valori vitali (la giovinezza, l'esuberanza, la forza e la
violenza) e nel considerare inferiori coloro che sono privi di questi
valori – nel disprezzare il debole, il malato, il portatore di
handicap. Per contrastare il fascismo bisogna allora pensare al
contrario, portarsi dalla parte degli ultimi e dei deboli, cercare
valori opposti a quelli vitalistici. E' quello che Aldo Capitini
(così si chiamava quel giovane) farà per tutta la vita, giungendo
ad elaborare una teoria della nonviolenza che è, con ogni
probabilità, la più filosoficamente profonda che sia mai stata
pensata. Intanto fa subito una scelta pratica: se il fascismo esalta
la violenza del più forte sul più debole, lui sceglierà di
rispettare ogni forma di vita. Per questo diventa vegetariano, in
anni in cui essere vegetariani era considerato una bizzarria
assoluta. Gli stessi amici antifascisti vedevano in ciò una sua
stranezza, più che una scelta coerente.
L'eredità politica di
Capitini è stata raccolta dal Movimento Nonviolento, da lui fondato
nel 1961. Dal punto di vista filosofico, tuttavia, non si può dire
che abbia molti continuatori. Tra i pochi, occorre annoverare
Francesco Pullia, filosofo animalista che del complesso pensiero
capitiniano (che comprende anche una teoria del “potere di tutti”)
ha ripreso l'aspetto dell'apertura ad ogni essere vivente. In
Dimenticare Cartesio. Ecosofia per la compresenza (Mimesis,
Udine 2010) Pullia analizzava quella tradizione filosofica che,
partendo appunto da Cartesio, nega ogni valore alla vita non umana ed
afferma la rigida separazione tra mondo umano e mondo animale. Per il
filosofo francese gli animali non erano che automi, macchine prive di
vita, di pensiero, di emozioni, come tali liberamente sacrificabili.
E' una convinzione che non si ritrova solo nella filosofia: anche la
tradizione religiosa occidentale ha negato qualsiasi valore agli
esseri non umani, rimarcano il legame tra uomo e Dio e la sua
differenza da ogni altro vivente e dalla natura, che è chiamato a
dominare. E se oggi la Chiesa parla di sacralità della vita,
è chiaro che si tratta di sacralità della vita umana, mentre
tutti gli altri esseri viventi restano privi di un valore intrinseco.
Esordio
Papa Francesco |
Habemus papam, dunque. Per gli uni, il papa della povertà, dell'umiltà, dell'amore per i poveri. Per gli altri, il papa che è stato connivente con la feroce dittatura di Videla, corresponsabile della tragedia dei desaparecidos. Con ogni probabilità la querelle andrà avanti per tutto il suo pontificato, ed ognuno resterà sulle sue posizioni, poiché non c'è evidenza che possa impedire ad un cattolico di credere nel suo papa - e ancora oggi un cattolico è in grado di sostenere, non necessariamente in cattiva fede, che Giovanni Paolo II andò da Pinochet perché è compito di ogni bravo cristiano accogliere chi sbaglia.
Che papa sarà, dal punto di vista non dell'immagine mediatica, ma della teologia e del magistero? Le prima parole dell'omelia pronunciata oggi durante la messa con i cardinali non lasciano ben sperare:
Un razzista a 5 stelle*
Alcuni militanti del Movimento 5 Stelle di Foggia hanno denunciato, con un video, le disastrose condizioni igieniche del campo Rom di Arpinova, nel quale vivono anche otto famiglie foggiane.
In seguito alla denuncia, il sindaco ha annunciato sulla sua pagina Facebook un intervento di pulizia straordinaria:
Come era prevedibile, in una città in cui razzismo ha solide basi, si scatena la protesta dei bravi cittadini per quei soldi impiegati per i Rom, mentre ci sono ben altre priorità.
Tra gli altri, si distingue questo tizio:
Thay
Thich Nhat Hanh con Martin Luther King |
“In qualità di Premio Nobel per la Pace per l'anno 1964, ho il piacere di proporvi il nome di Thich Nhat Hanh per il premio del 1967. Non conosco personalmente nessuno che sia maggiormente meritevole del Premio Nobel per la Pace di questo gentile monaco buddhista del Vietnam”.
Così scrive il 24 gennaio 1967, in una lettera indirizzata al comitato per il Premio Nobel, Martin Luther King, il leader nonviolento dei diritti civili, che sarà ucciso a Memphis l'anno successivo. La proposta non fu accolta: nel 1967 il premio Nobel per la pace non è stato assegnato propri a causa della guerra in Vietnam. Oggi, a distanza di più di quarantacinque anni, la proposta viene ripresa da diversi gruppi in rete, che raccolgono firme per una petizione all'Istituto Nobel.
Ma chi è Thich Nhat Hanh? Un monaco minuto, dai modi estremamente gentili, che riesce con la sua sola presenza a trasmettere un senso di pace e di nobiltà spirituale. Non bisogna lasciarsi tuttavia ingannare dalla semplicità dei modi e dalla modestia della persona: quel piccolo monaco è anche una delle menti migliori del buddhismo contemporaneo, un filosofo che è riuscito a ripensare la millenaria tradizione di pensiero del dharma adattandolo alle esigenze del mondo attuale, un poeta sensibile, un delicato calligrafo. E', soprattutto, l'uomo capace di attraversare la frontiera per andare a parlare con il nemico, ed insegnargli che non esistono nemici. Durante la guerra nel suo paese Nhat Hanh (semplicemente Thay, maestro, per i suoi discepoli) ha creato la School of Youth Social Service, una rete di attivisti nonviolenti dediti alla ricostruzione dei villaggi distrutti dalla guerra. La sua attività di sostegno sociale, che si poneva al di fuori degli schieramenti in guerra, gli costò l'esilio. Da anni vive in Francia, dove ha creato l'Ordine Tiep Hien (in italiano: Ordine dell'Interessere) e fondato presso Bordeaux Plum Village, un complesso di sette villaggi che accoglie monaci e laici che vogliano dedicarsi alla meditazione.
Beppe Grillo, il parresiaste
Beppe Grillo |
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