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Blog di Antonio Vigilante

20 febbraio, giovedì

Durante dei lavori di gruppo sull'antispecismo politico una ragazza di quinta mi ha chiesto come si può combattere il capitalismo. Non ho saputo risponderle; le ho detto che alla prossima lezione leggeremo Crack Capitalism di John Holloway.
Sono fioriti gli asfodeli.

Dove comincia il mondo nuovo

Dove comincia il mondo nuovo, amico,
si scavano le vene della vita
di domani, e si vuole si decide
per ognuno giustizia e compiutezza

lo indovini, lo so: non è nel centro
dove ricchezza eleva verso il cielo
l’uomo televisivo ultimo mostro
senz’occhi senza lingua senza sangue.

E’ dove l’esistenza si contorce
- nella Sicilia di Danilo gli uomini
erano legno antico e sofferente -
che qualcuno ha l’ardore di colpire

la terra reclamandone speranza:
e la terra risponde e nuovi umori
soccorrono e ciascuno si rianima
le schiene si raddrizzano le mani

si stringono la voce si schiarisce
e l’uomo dice “io” e dice “tu”
come si dice il bello delle cose:
e quando dice “noi” non c’è violenza.

Il groviglio di Piazza Mercato

Foto ripresa dal sito www.ispastrutture.it
Tra le ragioni per le quali la vita è un groviglio c'è il fatto che le ciambelle raramente riescono col buco. Il che vuol dire che c'è uno scarto tra il progetto e la sua esecuzione, tra l'idea e la sua concretizzazione, tra quel che si vorrebbe fare - spesso con le migliori intenzioni - e quello che si riesce davvero a fare.
Una ciambella penosamente malriuscita è stato l'incontro di domenica mattina tra il sindaco ed i cittadini per discutere del futuro di Piazza Mercato. Nelle intenzioni del sindaco doveva essere un bel momento di democrazia partecipata: cosa rara di questi tempi, rarissima a Foggia, e quanto mai opportuna in campagna elettorale. Ne ė venuta fuori invece una gazzarra delle peggiori, che ha messo a dura prova la flemma mongelliana: a un certo punto ha dovuto far la voce grossa (per quanto sia possibile far la vice grossa a Mongelli) per imporre ordine e disciplina.
Le contestazioni più dure sono state per l'ex assessore Maria Rosaria Lo Muzio, che ha preso la parola per ricordare che quella piazza oggi tanto contestata quando era ancora un progetto venne apprezzata in una mostra a Bruxelles e inserita dalla Fondazione Agnelli tra trenta opere di grandi architetti italiani. Dal pubblico la interrompono: "Ci vuole un coraggio... No, fa schifo questa piazza". Eppure non aveva tutti i torti, l'ex assessore. La piazza progettata e la piazza realizzata, quello che doveva essere e quello che è stata ed è, sono due cose diverse. Ancora una volta lo scarto, il groviglio. Nelle intenzioni di chi l'ha progettata, quella piazza doveva essere un centro di aggregazione sociale, ospitare iniziative culturali, diventare uno dei luoghi più vivi del cuore storico della città. Se è andata diversamente, la responsabilità non è di chi l'ha progettata, ma di chi non è riuscito a farla funzionare. E' molto triste, ed è un indice del degrado civile e non solo politico della città, che non si riesca a Foggia a far funzionare uno spazio culturale (si pensi, oltre a Piazza Mercato, all'abbandono delle strutture di parco San Felice), mentre a Manfredonia con i fondi della Regione hanno trasformato il mercato del pesce in un laboratorio culturale che, affidato ad una cooperativa, ospita ogni giorno concerti, corsi di musica, mostre d'arte, convegni e conferenze.

Perché i ravanelli sì?

Francesco Pullia segnala questo articolo di Claudio Sabelli Fioretti su Io Donna, che presenta una obiezione non infrequente al vegetarianesimo/veganesimo: perché mangiare i vegetali non sarebbe violenza? Ricordo di aver scritto un post sul tema quasi dieci anni fa sul mio vecchio blog, Minimo Karma. Blog che non è più accessibile per l'improvvisa chiusura del server. Grazie a Web Archive sono riuscito a recuperare il post, che ripropongo, dal momento che la mia posizione sull'argomento non è cambiata.


Una sera mi trovavo a casa di un amico molto morale, ecologico, vegetariano e nonviolento: mi stava preparando una cena tutta a base di vegetali. Sul tavolo si allineavano i corpicini gialli, rossi e verdi: carote, pomodori e lattughe. Con le faccine tonde ornate da una lieve barbetta, braccia alzate, fibre vive e gonfie d’acqua, un mazzo di ravanelli agonizzava in un canto: il mio amico ne prese una per le verdi braccine e con un morso ne addentò la rossa testolina. […] Se non bisogna mai uccidere, perché i ravanelli sì?

Questo interrogativo venne posto una decina d’anni fa da Sandro Gindro in un articolo pubblicato su Studi cattolici (389-390, 1993) (e viene citato ora nel bel saggio di Adriano Mariani, Do per cibo il verde dell’erba. Il cristianesimo alla prova della condizione animale, “Quaderni Satyagraha” n. 8, Pisa 2005). Naturalmente la descrizione dei corpicini che agonizzano fa sorridere, ma la domanda non è affatto oziosa. Perché mangiare i vegetali invece degli animali?

Appunti di ateologia #4

L'ateo nega Dio e con Dio la religione. L'ateologo nega il discorso su Dio, ma non l'esperienza religiosa.
Cos'è l'esperienza religiosa? Chiamo religiosa ogni esperienza che abbia il carattere della transpersonalità, mentre è non religiosa o irreligiosa ogni esperienza personale.
Il rapporto con un Dio-Persona è sempre irreligioso. Il Dio-Persona è un portato dell'io; un appendi-io trascendente.

L'ebook conviviale

Ivan Illich
Quale mezzo di trasporto favorisce maggiormente la libertà, l'automobile o la bicicletta? La risposta sembra facile: la prima. L'automobile è forse l'unico simbolo rimasto della libertà; non c'è pubblicità che manchi di sottolineare questo aspetto. Ma Ivan Illich, uno dei più grandi pensatori della seconda metà del secolo scorso (autore, tra l'altro, di un Elogio della bicicletta), non era d'accordo. Per comprendere la sua posizione, possiamo riformulare la questione in altri termini. Quale strumento possiamo dominare meglio, l'automobile o la bicicletta? Posta così la questione, qualche dubbio verrà anche al più entusiasta sostenitore delle virtù della tecnologia automobilistica. Perché è vero che l'automobile ci porta dove vogliamo, ma è anche vero che sono in molti ad avvertire che l'automobile ed il sistema di cui fa parte al tempo stesso hanno potere su di noi. Avere l'automobile vuol dire pagare la tasse, pagare la benzina (e dunque dipendere dai petrolieri), pagare i parcheggi, pagare le autostrade, e così via. Quando poi si rompe, cosa che accade spesso, bisogna portarla dal meccanico. E', insomma, uno strumento che ci sfugge di mano. La bicicletta al contrario è semplice da usare (non occorre la patente), si rompe difficilmente, è facile da riparare, non richiede benzina né tasse. Illich chiama strumento conviviale uno strumento che io posso padroneggiare. Gli strumenti industriali in generale non sono strumenti conviviali, non si lasciano dominare ma al contrario ci dominano: si può dire che è l'uomo che si adatta alla macchina e non il contrario.
Chiediamoci ora: cosa direbbe Illich dell'ebook? Lo considererebbe più o meno conviviale del libro di carta? Considerando l'ostilità del filosofo verso il mondo industriale e la sua scelta dell'austerità, la risposta sembra scontata: l'ebook sta al caro vecchio libro di carta come l'automobile sta alla bicicletta. Ma le cose stanno davvero così? Forse no.

Appunti di ateologia #3

"Su di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere", diceva Wittgenstein.
Dio è ciò di cui non si può parlare per eccellenza, poiché ogni discorso oggettivizza ciò su cui verte, ed un Dio oggettivizzato non è Dio. La teologia, discorso su Dio, è segno sicuro di alienazione religiosa.
L'ateologia di differenzia dall'ateismo per questo. Non nega Dio, ma il discorso su Dio: la teologia. Tolta la teologia, resta il silenzio su Dio. Questo silenzio su Dio è qualcosa di altro dall'ateismo.