L'esercito nel parco
Disegno antimilitarista. Utrecht, 1980. |
25 settembre, mercoledì
Al collo. Ho portato per molto tempo una medaglietta d'argento con il simbolo del Kalachakra, alternandola con una moneta da cinquanta leke, un piccolo Buddha di legno, un pendente nepalese con gli occhi del Buddha. Adesso ho un cerchietto di giada. Un buco. Che rappresenta? che significa?. Un buco, nulla di più, nulla di meno. Un buco: l'alfa e l'omega, l'origine e la fine. Da un buco veniamo, in un buco finiremo. Ma: mi figuro che ci sia anche un buco in cui ficcarsi per svignarsela. Lo strappo nella tela attraverso il quale l'attore si sottrae alla storia. Un buco: l'assenza, il no, la sottrazione. La via di fuga.
L'amicizia educativa
Jean Leon Gerome Ferris, Aristotele maestro di Alessandro Magno |
L'educazione è una faccenda di amore. Entrare con qualcuno in una relazione educativa - cosa che non accade soltanto nelle situazioni educative formali: a pensarci bene, anche una relazione sentimentale autentica è una relazione educativa, se si intende l'educazione come co-educazione; e l'amore non finisce forse quando non ci si educa più a vicenda? - vuol dire desiderare ardentemente il suo bene, considerare la sua persona come qualcosa di assolutamente prezioso, fare di quel tu, kantianamente, sempre un fine e mai un mezzo, e vigilarsi costantemente per liberarsi da ogni sentimento negativo che possa nascere nei suoi confronti (perché anche l'amore, come ogni luce, ha le sue ombre).
Se una differenza c'è, tra la relazione sentimentale e le altre forme di relazione educativa, è che nel primo caso c'è un coinvolgimento fisico che negli altri casi manca. Ora, l'amore, tolto il sesso, è amicizia. E la relazione educativa è, appunto, una relazione di amicizia. La più alta.
Pare che educatori e pedagogisti di destra e di sinistra, conservatori e progressisti, siano d'accordo nel disprezzare l'educatore che si pretende amico di suo figlio o del suo studente. E', dicono, una figura patetica, che rinuncia al suo ruolo nel tentativo di ottenere un riconoscimento ed una soddisfazione tutto sommato narcisistica. C'è una distanza necessaria, assicurano, da tenere nell'educazione; se si annulla questa distanza, pretendendo l'amicizia, si rinuncia semplicemente ad essere educatori.
Il papa dice sì all'incesto, alla poligamia e all'adulterio
Albrecht Altdorfer, Lot e le sue figlie, 1537 |
Nel messaggio di ieri ai partecipanti alla Settimana Sociale dei Cattolici Italiani papa Francesco ha detto, tra l'altro: "Anzitutto come Chiesa offriamo una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità".
Ma che dice il libro della Genesi sulla famiglia? Come saprete, è quel libro che comincia con "in principio" e racconta della creazione del cielo e della terra e delle stelle che non sono che lampade per illuminare la terra e finalmente dell'uomo e della donna - della donna dalla costola dell'uomo. L'uomo si chiamava Adam, la donna Eva. Adam ed Eva fecero quel fattaccio brutto che i preti ci ricordano ogni santo giorno come se lo avessimo fatto noi, e perciò furono cacciati dal giardino dell'Eden. Precipitati qui sulla terra, cominciarono la faccenda umana, che è piena di lacrime e sangue, ma tra un pianto ed uno stridere di denti pure qualche piacere lo concede: e fu così che Adam pensò di esercitare le virtù del suo organo riproduttivo, e generò Caino ed Abele. Adam ed Eva non dovevano essere granché come educatori - del resto sono i primi genitori della storia, e non è che educare si improvvisa così - a giudicare da quello che combinarono i loro figli; anche se nella faccenda dell'omicidio di Abele il Signore qualche responsabilità pure l'ha, ché non è bello apprezzare Abele e disprezzare Caino. Ma questa è un'altra storia.
Dopo il fattaccio, Caino parte e se ne va nel paese di Nod. Dove, ci informa la Genesi, "conobbe sua moglie e partorì Enoch" (4, 17).
Dopo il fattaccio, Caino parte e se ne va nel paese di Nod. Dove, ci informa la Genesi, "conobbe sua moglie e partorì Enoch" (4, 17).
Educazione e dominio
L'anarchismo è la posizione etica e politica di chi rifiuta ogni forma di dominazione ed assume, se non è già il suo, il punto di vista di chi è vittima di oppressione. Non è una posizione teorica, una filosofia di vita che affermi il valore della libertà o dell'individuo, ma una pratica di liberazione, una lotta per sottrarsi alla presa del dominio e sottrarre tutti coloro che ne sono vittime. Si tratta di qualcosa di più ampio della lotta di classe. L'oppressione dei ricchi sui poveri, dei proprietari dei mezzi di produzione su chi ha solo la propria forza lavoro (di chi deve "vendersi" sul mercato del lavoro) è indubbiamente una delle forme più vistose di dominio; ma non l'unica. C'è dominio ovunque esista una gerarchia, una asimmetria, che comporta sempre una limitazione delle possibilità vitali di chi occupa la posizione inferiore (e, naturalmente, un aumento ingiusto delle possibilità di chi occupa la posizione superiore). C'è dominio nelle relazioni di genere, ovunque la donna venga limitata nelle sue possibilità di espressione o sia ridotta a strumento del piacere maschile. C'è dominio nel mondo culturale, quando culture tradizionali vengono cancellate o deformate dall'imposizione di una cultura altra. In passato, quando la religione era l'aspetto centrale di una cultura, questa imposizione prendeva la forma della conversione religiosa forzata; oggi prende la forma dell'imposizione di una sistema di merci da acquistare e della visione del mondo come un campo di cose da sfruttare ed acquistare.
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