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Blog di Antonio Vigilante

Mia nonna e CasaPound

Quest'anno faremo incontrare i nostri studenti con alcuni richiedenti asilo ospitati nel territorio. E' il terzo anno che lo facciamo. Lo facciamo perché riteniamo che sia compito della scuola consentire agli studenti di conoscere la realtà sociale, e poter parlare con dei migranti è un modo per avere conoscenze di prima mano, per così dire, su un fatto sociale importante, al centro del dibattito politico. Per quanto mi riguarda, è una preziosa occasione di approfondimento delle mie discipline: insegno Scienze Umane, e potersi mettere in cerchio con persone provenienti dalla Nigeria, dal Bangladesh e dal Pakistan e confrontare i nostri punti di vista, i valori, le prospettive, è un modo per fare antropologia concreta. Ben prima che se ne accorgessero anche i giornali, abbiamo ascoltato dalla loro bocca - ma i racconti erano a bassa voce, quasi che quel male potesse ancora colpirli, a raccontarlo - dell'inferno libico, quella zona franca nella quale i migranti restano intrappolati anche per anni: e molti vi lasciano la vita.

Il sorriso di Maria?

La banalità quotidiana di papa Francesco su Twitter è la seguente:
Il sorriso semplice e puro di Maria sia fonte di letizia per ognuno di noi davanti alle difficoltà della vita.
Naturalmente noi dell'aspetto di Maria non sappiamo nulla, e nemmeno del suo sorriso. La rappresentazione di Gesù, come è noto, è basata su un falso: la lettera di Publio Lentulo, nella quale si parla di un uomo con i capelli color nocciola, che "nella presenza è il più bell'uomo che si possa immaginare; tutto simile alla madre la quale è la più giovane che si sia mai vista in queste parti". 
La frase di papa Francesco andrebbe dunque modificata così:
Il modo in cui gli artisti rappresentano il sorriso semplice e puro di Maria sia fonte di letizia per ognuno di noi davanti alle difficoltà della vita.
Anche qui, però, c'è qualcosa che non va. Chi conosce un po' di storia dell'arte, sa che in realtà non è così frequente, poi, che gli artisti rappresentino la Madonna sorridente.

Diamo una possibilità di scelta ai bambini

Qualche sera fa osservano, in pizzeria, un gruppo di cinque bambini che occupavano il margine di una tavolata. Ognuno di loro aveva lo smartphone, sul quale stava giocando, ma non isolato dagli altri; si mostravano lo smartphone l'un l'altro, commentando. A un certo punto la bambina più grande del gruppo ha invitato gli altri a mettersi in posa. Ha scattato una foto, poi non soddisfatta del risultato ne ha fatta un'altra, e un'altra ancora. Quando il risultato l'ha convinta, ha mostrato la foto agli altri. Quindi l'ha mandata in rete - su WhatsApp, immagino - e ha atteso i commenti. I bambini sembravano divertirsi molto.
Ho ripensato a questa scena partecipando, a Cesena, a un bel convegno che il Centro di Documentazione Educativa ha dedicato alla figura di Gianfranco Zavalloni, il compianto autore della Pedagogia della lumaca. Educatore, ma anche artista (trovo meravigliosi, per poesia, raffinatezza e semplicità, i suoi disegni), Zavalloni era una di quelle rare persone che mettono in tutto quello che fanno l'impronta di una gioia di vivere in grado di resistere ad ogni offesa della vita. Si parlava, al convegno, delle trasformazioni del gioco e dell'infanzia. Che ne è, oggi, dei giochi che hanno accompagnato l'infanzia per secoli? Chi gioca ancora alla campana, o alla lippa? Lo schermo dello smartphone ha preso il posto della strada, come ambiente ludico.