Blog di Antonio Vigilante

Perché i ravanelli sì?

Francesco Pullia segnala questo articolo di Claudio Sabelli Fioretti su Io Donna, che presenta una obiezione non infrequente al vegetarianesimo/veganesimo: perché mangiare i vegetali non sarebbe violenza? Ricordo di aver scritto un post sul tema quasi dieci anni fa sul mio vecchio blog, Minimo Karma. Blog che non è più accessibile per l'improvvisa chiusura del server. Grazie a Web Archive sono riuscito a recuperare il post, che ripropongo, dal momento che la mia posizione sull'argomento non è cambiata.


Una sera mi trovavo a casa di un amico molto morale, ecologico, vegetariano e nonviolento: mi stava preparando una cena tutta a base di vegetali. Sul tavolo si allineavano i corpicini gialli, rossi e verdi: carote, pomodori e lattughe. Con le faccine tonde ornate da una lieve barbetta, braccia alzate, fibre vive e gonfie d’acqua, un mazzo di ravanelli agonizzava in un canto: il mio amico ne prese una per le verdi braccine e con un morso ne addentò la rossa testolina. […] Se non bisogna mai uccidere, perché i ravanelli sì?

Questo interrogativo venne posto una decina d’anni fa da Sandro Gindro in un articolo pubblicato su Studi cattolici (389-390, 1993) (e viene citato ora nel bel saggio di Adriano Mariani, Do per cibo il verde dell’erba. Il cristianesimo alla prova della condizione animale, “Quaderni Satyagraha” n. 8, Pisa 2005). Naturalmente la descrizione dei corpicini che agonizzano fa sorridere, ma la domanda non è affatto oziosa. Perché mangiare i vegetali invece degli animali?

La risposta più semplice è che gli animali soffrono ed i vegetali no. E’ una risposta insoddisfacente. Se la sofferenza fosse l’unico argomento contro l’uccisione di animali a scopo alimentare, bisognerebbe approvare l’uccisione indolore di animali allevati in condizioni di vita accettabili. Io sono dell’opinione che vada riconosciuto agli animali un valore intrinseco. Non direi un diritto all’esistenza, perché i soggetti che hanno diritti sono soltanto quelli che fanno parte di una comunità di soggetti giuridici, e questo con ogni evidenza non si può dire degli animali. Proprio per questo, però, si può contestare che gli uomini abbiano il diritto di uccidere gli animali ad uso alimentare. Proprio perché noi possiamo avere diritti solo su chi fa parte di una comunità di soggetti di diritti, non possiamo averne sugli animali, che di tale comunità non fanno parte. Uccidere un animale per cibarsene non è l’esercizio di un diritto, ma un atto di forza. Per trasformarlo in un diritto occorre una metafisica o una mitologia, che attribuisca il creato a Dio e faccia dire a Dio che tutto è finalizzato all’uomo. E’ precisamente la metafisica, la mitologia cristiana e cattolica; la quale anche, ponendo una comunità di uomini ed animali sotto la giurisdizione di Dio, potrebbe consentire di parlare di diritti animali: forse.
Una seconda risposta è che gli animali sono esseri più perfetti dei vegetali. Io contesto questo modo di vedere. Considero vegetali, piante ed alberi gli esseri più perfetti della natura, certamente più perfetti degli animali e dell’uomo. Non c’è nessuno, credo, che non sia stato colto almeno una volta nella vita da un senso di profonda ammirazione al cospetto di un albero; anzi, da un vero sentimento religioso. Non è improbabile, del resto, che alcune tra le prime pratiche religiose siano nate nelle selve, in mezzo a questi esseri meravigliosi. Unici nella natura, i vegetali riescono a vivere senza uccidere altri esseri. Ed a restare immobili, privi di pensiero. Credo che questa condizione - l’immobilità priva di pensiero - sia quanto di meglio possa desiderare un essere tahat ha-shamesh. Non sono lontano dal desiderio di quel poeta zen:

Di tutte le cose del mondo
vorrei essere una patata dolce
appena dissotterrata.

Rinuncerei però all’ultima condizione. Vorrei essere una patata dolce sotterrata, senza il contatto profanante della mano dell’uomo.
E allora: perché i ravanelli sì?
Se fosse possibile una semplice scelta tra vite animali e vite vegetali, sarebbe difficile scegliere. Ma le cose stanno diversamente. La sarcofagia non esclude, anzi implica l’uccisione dei vegetali. La sarcofagia ha bisogno di immensi allevamenti di animali. Questi milioni di animali mangiano vegetali. E quindi la sarcofagia richiede un immenso sterminio di vegetali. Oltre alla distruzione di foreste per far spazio agli allevamenti. Mangiare carne vuol dire distruggere una quantità immensa di sostanze di origine vegetale che potrebbero servire, tra l’altro, all’alimentazione umana, dando un contributo notevole alla soluzione del problema della fame nel mondo.
Volendo formalizzare il discorso, si può dire questo: 1) né gli animali né le piante hanno alcun diritto, in quanto non fanno parte di una comunità di soggetti giuridici; 2) per la stessa ragione, però, non abbiamo alcun diritto né su animali né sulle piante; 3) ogni uccisione di un essere vivente è un atto di forza, e non l’esercizio di un diritto; 4) la sarcofagia comporta la soppressione di vite vegetali e animali, mentre l’alimentazione vegetariana comporta la soppressione delle sole vite vegetali; 5) l’alimentazione vegetariana è quindi preferibile, se non moralmente doverosa.