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blog di antonio vigilante

Una Alternativa nella Scuola Pubblica

Insegno ormai da circa vent’anni. Quando ho cominciato ad insegnare nelle aule c’erano solo le lavagne di ardesia, i computer erano solo in aula informatica ed i registri erano rigorosamente cartacei. Oggi in ogni aula ho il computer e la lavagna elettronica. Per il resto, mi pare che non sia cambiato granché. Dopo vent’anni, continuo a vedere la scuola con lo sguardo perplesso di quando facevo supplenze di italiano alla “Foscolo” o al “Rosati” di Foggia. La scuola continua a sembrarmi una istituzione fondata su basi profondamente errate, che occorre ripensare da capo, con il coraggio delle grandi decisioni – o della disperazione. E giorno dopo giorno cerco di affrontare il problema di darle qualche senso in una società nella quale è sempre più facile fare a meno della scuola.

Tre anni fa ho cominciato ad insegnare al “Piccolomini” di Siena, la mia scuola attuale (la mia scuola, spero, per un bel po’ di tempo). Una mattina incrocio Fabrizio Gambassi, collega di italiano, all’uscita da una seconda (una classe 2.0: ora si parla di classi 3.0) che abbiamo in comune. Noi docenti facciamo tanti incontri per parlare di faccende più o meno burocratiche, dice Fabrizio, ma non ci incontriamo mai per discutere di quello che davvero conta: come facciamo scuola. Concordo. Perché non farlo? E perché non farlo anche con gli studenti? Lo facciamo, ed è il primo inizio di una riflessione, di una ricerca comune che oggi consegniamo ad un volume scritto a quattro mani: Alternativa nella Scuola Pubblica. Quindici tesi in dialogo (Ledizioni, Milano). Un libro che nasce da un lungo confronto con docenti, studenti, genitori, persone che si occupano a vario titolo di educazione, e che vorrebbe essere, con le sue tesi, il testo di riferimento di un movimento di cambiamento dal basso della scuola. Alla “Buona Scuola” ministeriale, alla scuola capovolta di certe confuse sperimentazioni ed alle rivendicazioni della scuola tradizionale contrapponiamo una idea di scuola che ha le basi nella pedagogia critica, da Paulo Freire a Danilo Dolci: una scuola nella quale si costruisce una democrazia sostanziale; e poiché il dialogo è l’essenza della democrazia, mette al centro non lo schermo del computer né quello della lavagna elettronica, ma la parola viva, dialogica, ed il volto dell’altro.

Trovate tutto nel sito www.alternativascuola.it

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Una Alternativa nella Scuola Pubblica

Insegno ormai da circa vent'anni. Quando ho cominciato ad insegnare nelle aule c'erano solo le lavagne di ardesia, i computer erano solo in aula informatica ed i registri erano rigorosamente cartacei. Oggi in ogni aula ho il computer e la lavagna elettronica. Per il resto, mi pare che non sia cambiato granché. Dopo vent'anni, continuo a vedere la scuola con lo sguardo perplesso di quando facevo supplenze di italiano alla "Foscolo" o al "Rosati" di Foggia. La scuola continua a sembrarmi una istituzione fondata su basi profondamente errate, che occorre ripensare da capo, con il coraggio delle grandi decisioni - o della disperazione. E giorno dopo giorno cerco di affrontare il problema di darle qualche senso in una società nella quale è sempre più facile fare a meno della scuola.
Tre anni fa ho cominciato ad insegnare al "Piccolomini" di Siena, la mia scuola attuale (la mia scuola, spero, per un bel po' di tempo). Una mattina incrocio Fabrizio Gambassi, collega di italiano, all'uscita da una seconda (una classe 2.0: ora si parla di classi 3.0) che abbiamo in comune. Noi docenti facciamo tanti incontri per parlare di faccende più o meno burocratiche, dice Fabrizio, ma non ci incontriamo mai per discutere di quello che davvero conta: come facciamo scuola. Concordo. Perché non farlo? E perché non farlo anche con gli studenti? Lo facciamo, ed è il primo inizio di una riflessione, di una ricerca comune che oggi consegniamo ad un volume scritto a quattro mani: Alternativa nella Scuola Pubblica. Quindici tesi in dialogo (Ledizioni, Milano). Un libro che nasce da un lungo confronto con docenti, studenti, genitori, persone che si occupano a vario titolo di educazione, e che vorrebbe essere, con le sue tesi, il testo di riferimento di un movimento di cambiamento dal basso della scuola. Alla "Buona Scuola" ministeriale, alla scuola capovolta di certe confuse sperimentazioni ed alle rivendicazioni della scuola tradizionale contrapponiamo una idea di scuola che ha le basi nella pedagogia critica, da Paulo Freire a Danilo Dolci: una scuola nella quale si costruisce una democrazia sostanziale; e poiché il dialogo è l'essenza della democrazia, mette al centro non lo schermo del computer né quello della lavagna elettronica, ma la parola viva, dialogica, ed il volto dell'altro.
Trovate tutto nel sito www.alternativascuola.it


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Sotto al ponte

Sotto al ponte ci son tre bombe
e due ragazzi passano parlando ad alta voce
uno dice di Marx, l’altro dei Van Halen
e non vedono il lupo né le bombe.

Sotto al ponte ci son tre bombe
mio-tu che al fianco m’inesisti, lascia stare
per l’amore c’è tempo, ascolta adesso
sotto al ponte i due parlano
poi uno dei due prende la chitarra e suona
One dei Metallica e l’altro ascolta, e gli piace
ed è quasi felice, e non sa del lupo né delle bombe.

Sotto al ponte si siedono, uno tira fuori una cartina
e si fa una canna, l’altro lo guarda,
guardare è la cosa che sa fare meglio,
guarda in silenzio senza pensare a niente,
assiste, per così dire,
senza che il suo assistere diventi testimonianza:
e ignora, soprattutto, le bombe e il lupo.

Sotto al ponte il ragazzo della canna ribadisce la sua tesi
che l’heavy metal è l’unica vera rivoluzione
e il marxismo è roba morta e sepolta
ed ha quel suo sorriso malizioso
che l’altro un po’ gli invidia, indeciso
se dirlo borghese o proletario
al di qua o al di là della barricata:
non si preoccupa delle bombe, né del lupo.

Sotto al ponte ci son tre bombe
la deriva del tempo ha fatto il suo lavoro
– e da noi trarrà singhiozzi e rabbia
ma non pensiamoci ora, mia cara –
il ragazzo passa quasi correndo
si vede che la sua vita è altrove
l’altro gli dice che i pick-up della Fender sono i migliori,
è una cosa tra loro due, e l’altro ride,
alza le braccia e si dà alla corrente

Sotto al ponte ci son tre bombe
e una chitarra con le corde spezzate
che un lupo custodisce come un cucciolo.

Usciamo fuori dalla tribù,
amore mio che m’inesisti accanto.

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Non è nulla

Versare il mio sangue è ormai lecito a tutti,
senza taglione o riscatto.
Nezami, Leyla e Majnun, Adelphi, p. 38.


Lascia stare
non scoccare
la tua freccia
zitto e ascolta
non è un cervo
né una lepre
che si muove
tra i cespugli
forse è un uomo
o forse no.

Proprio qui proprio qui proprio qui passa
lombrichi cavallette scarafaggi
proprio qui passa il filo luce corda
rospi serpenti bestie della terra
qui passa la catena che ci tiene
animanti del cielo uccelli teneri
qui sotto al cuore passa la catena
la rete che ci spinge e ci trascina
insieme vivi insieme morti insieme
sofferenti gioiosi schiavi liberi.

Sembra un uomo
mezzo pazzo
nudo come
un animale
ha le mani
nella terra
parla e piange
parla e ride
forse è un uomo
o forse no.

Un tempo camminavo sulle gambe
e tutti conoscevano il mio nome
ma qualcosa è successo non so dire
se scala inciampo trappola o via:
ho visitato la notte e la luna
ho visto l’altro lato delle cose
la faccia tenebrosa della luce
la faccia luminosa della tenebra
l’amore ragnatela che fa folli
l’amore ragnatela che fa saggi.

Non è un uomo
né una bestia
guarda bene
non è nulla
scocca pure
la tua freccia
prima che altre
cose dica
forse è tardi
o forse no.

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Sotto al ponte

Sotto al ponte ci son tre bombe
e due ragazzi passano parlando ad alta voce
uno dice di Marx, l'altro dei Van Halen
e non vedono il lupo né le bombe.

Sotto al ponte ci son tre bombe
mio-tu che al fianco m'inesisti, lascia stare
per l'amore c'è tempo, ascolta adesso
sotto al ponte i due parlano
poi uno dei due prende la chitarra e suona
One dei Metallica e l'altro ascolta, e gli piace
ed è quasi felice, e non sa del lupo né delle bombe.

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Non è nulla

Versare il mio sangue è ormai lecito a tutti,
senza taglione o riscatto.
Nezami, Leyla e Majnun, Adelphi, p. 38.

Lascia stare
non scoccare
la tua freccia
zitto e ascolta
non è un cervo
né una lepre
che si muove
tra i cespugli
forse è un uomo
o forse no.

Proprio qui proprio qui proprio qui passa
lombrichi cavallette scarafaggi
proprio qui passa il filo luce corda
rospi serpenti bestie della terra
qui passa la catena che ci tiene
animanti del cielo uccelli teneri
qui sotto al cuore passa la catena
la rete che ci spinge e ci trascina
insieme vivi insieme morti insieme
sofferenti gioiosi schiavi liberi.

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