I migranti e il silenzio della politica
Posso comprenderli. L'Italia è ormai un paese in cui il razzismo ha messo solide radici, e Foggia è anche più razzista della media italiana, benché abbia un numero di migranti decisamente inferiore alle città del centro-nord. Sotto elezioni è meglio non compromettersi con questa gente, si rischia di perdere voti. Ma a non compromettersi si rischia qualcosa di peggio: di vincere, ma di non differenziarsi affatto dall'avversario. Di essere diventati di destra, nel tentativo di sconfiggere la destra.
Uno degli argomenti di destra contro i migranti - uno dei pochi che usano quando provano ad argomentare, cosa che non va più molto di moda - è che i migranti sono manodopera a basso costo, che vengono qui solo per essere sfruttati, che l'immigrazione non è altro che racket di esseri umani. Che sia così, almeno a Foggia (o a Rosarno) è difficile negarlo. Ma la conclusione logica di questa premessa non è la negazione dell'immigrazione (che sarebbe, peraltro, la negazione di un fenomeno antico quanto la specie umana: e senza la quale, peraltro, la specie umana nemmeno esisterebbe, almeno non come è adesso), ma la lotta per i diritti dei lavoratori migranti. Se fosse un vero argomento, e non un pretesto, quelli di destra dovrebbero essere al fianco dei lavoratori africani che scendono in piazza per rivendicare i loro diritti, a cominciare da paga, contratto, alloggio decente e documenti. Solo in questo modo è possibile riportare legalità nelle campagne: e legalità è una delle parole di cui si riempiono la bocca i salviniani (salvo poi difendere a spada tratta il sottosegretario, già pregiudicato per bancarotta fraudolenta, accusato di corruzione).
Dietro il silenzio dei "politici" foggiani di fronte a quella manifestazione - un silenzio riempito dalle scomposte eruttazioni dei tanti frustrati da social network, degli infelici che vivono d'odio - c'è un duplice fallimento. Il fallimento, la miseria morale di una destra che si riempie la bocca dei valori cristiani tradizionali, ma non riesce a vedere nel nero che crepa in una baracca un essere umano; ed è un fallimento che prescinde dal successo elettorale. Chi costruisce il suo successo personale sull'odio e sul razzismo è un fallito come essere umano ed è un fallito come politico. Ed è il fallimento di una sinistra che per calcolo elettorale dimentica i fondamenti stessi di qualsiasi politica di sinistra: l'uguaglianza, la liberazione di tutti cercata, rivendicata, costruita faticosamente a partire da chi sta peggio.
Dietro il silenzio dei "politici" c'è il fallimento di una intera città, che tira a campare tra una partita di calcio e un panino in piazza ("un bilancio entusiasmante" per Libando, annuncia il sindaco Landella), senza davvero sapere dove sta andando - dove vuole andare.
L'Attacco, 9 maggio 2019